Per superare la frenata dell’economia occorrono nuovi incentivi ai consumi ed in particolare a quelli ecologici
Alla fine dello scorso anno la quota delle auto ecologiche sui 36,7 milioni di vetture circolanti in Italia era del 6,42%. Alla fine del 2008 la quota corrispondente era del 4,56%. In valori assoluti tra il 2008 e il 2010 il numero delle autovetture circolanti con alimentazioni alternative alla benzina e al gasolio è passato da 1.647.050 a 2.353.478. La stragrande maggioranza di queste vetture è costituita da modelli a gpl e metano, mentre il parco circolante di auto elettriche a fine 2010 è di sole 1.279 autovetture (0,003% sul parco totale). Prescindendo dall’auto elettrica, il cui decollo dovrebbe essere imminente, l’importante crescita della quota delle auto ecologiche è stata dovuta tra il 2008 e il 2010 all’impegno delle case automobilistiche nel proporre modelli già omologati a metano e gpl e soprattutto all’impegno del settore del gas per autotrazione per ampliare la rete di distribuzione. L’elemento decisivo che ha determinato la crescita sono stati tuttavia gli incentivi all’acquisto di vetture con alimentazione ecologica del 2009, come dimostra anche il fatto che con la fine degli incentivi la quota sulle immatricolazioni delle auto ad alimentazioni alternative è drasticamente calata.
Secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor GL events, che è intervenuto oggi a Napoli al convegno Il carburante metano tra opportunità di crescita e sfide per una piena affermazione, “la fine degli incentivi alle auto ecologiche rischia di vanificare gli sforzi fatti dall’industria automobilistica, dai fornitori di carburanti ed anche dal Governo italiano per favorire lo sviluppo di una mobilità verde anche nel nostro Paese. Questo pericolo è certamente un’emergenza del Paese che va coniugata con un’altra emergenza: quella dell’insufficiente crescita economica. La crisi del 2008-2009 ha determinato un crollo del prodotto interno lordo italiano del 6,8%. La caduta si è arrestata nel secondo trimestre 2009, ma da allora, in ben sei trimestri, il recupero è stato di soli 1,6 punti percentuali, per cui il gap da recuperare nel Pil è ancora di 5,2 punti. Questa situazione non trova riscontro in altri Paesi economicamente avanzati che hanno tutti recuperato in maniera molto più significativa il calo del Pil. A ciò si aggiunge che le prospettive per il prossimo futuro sono per l’Italia particolarmente preoccupanti. I dati consuntivi sulla crescita del Pil nel primo trimestre del 2011 non sono ancora disponibili, ma secondo le ultime stime dell’Ocse i paesi del G7 dovrebbero aver fatto registrare variazioni tendenziali del 5,2% per il Canada, del 3,7% per la Germania, del 3,4% per la Francia, del 3,1% per gli Stati Uniti, del 3% per il Regno Unito e soltanto dell’1,1% per l’Italia, seguita, l’Italia, soltanto dal Giappone che, per l’effetto tsumani, dovrebbe vedere la sua crescita ridotta ad uno 0,2-0,6%.
La situazione dell’Italia è dunque grave ed inoltre, analizzando gli ultimi dati statistici sull’economia reale resi noti, la stima dell’Ocse per il nostro Paese sembra essere ottimistica. E’ infatti altamente probabile che quando l’Istat, il 13 maggio, diffonderà la sua stima sul primo trimestre 2011 si registri una variazione congiunturale negativa che aprirebbe uno scenario quantomai allarmante di stagnazione e di possibile nuova recessione. E dunque per il nostro Paese – afferma Quagliano -, in presenza di occupazione e consumi ancora in calo e di produzione industriale che segna il passo e che subirà l’impatto del caro-euro, si impone il varo di una politica economica di rilancio che punti essenzialmente a sostenere la domanda interna di beni di consumo durevoli e non durevoli. In un quadro di questo tipo probabilmente non vi è spazio per nuovi incentivi alla rottamazione in quanto la stagione di questi incentivi è passata in tutto il mondo, ma vi è certamente spazio per incentivare le soluzioni ecologiche a beneficio dell’ambiente e soprattutto dell’economia.”