I rimborsi del car sharing sono sempre deducibili

Le somme rimborsate dal datore di lavoro per il servizio di car sharing, in quanto equiparabili a quelle per taxi e mezzi pubblici, non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore dipendente in trasferta all’interno dello stesso comune in cui si trova la sede di lavoro. Questo sia se la fattura viene emessa dalla società di car sharing e intestata direttamente al lavoratore sia se è intestata al datore di lavoro. Lo chiarisce la risoluzione n. 83/E/2017, con la quale l’Agenzia delle entrate spiega che il car sharing va considerato come un’evoluzione dei tradizionali sistemi di mobilità.

Car sharing, fenomeno in crescita 

Si tratta di una interpretazione importante e che di certo agevolerà l’utilizzo di una possibilità, come quella del car sharing, che ha ancora ampie possibilità di crescita. Del resto, l’auto condivisa piace sempre di più agli italiani: gli iscritti alle società di car sharing nel 2016 per la prima volta hanno superato il milione di persone (i tesserati sono 1.080.000) facendo registrare un incremento pari al 70% sul 2015, mentre le 6.000 vetture proposte dai vari operatori (per la gran parte nei maggiori centri urbani e segnatamente a Milano e Roma) sono state noleggiate per complessive 6,27 milioni di volte.

Lo stimolo al settore 

le buone notizie che arrivano dal fisco potrebbero ulteriormente stimolare il settore. Infatti, oltre a non concorrere alla formazione del reddito del dipendente, le spese per il car sharing sono in esenzione anche in caso di “utilizzo incrociato”. L’Agenzia ha precisato che sono detraibili i rimborsi erogati dal datore di lavoro ai dipendenti che utilizzano il servizio di car sharing per trasferte all’interno dello stesso comune e che ciò vale a prescindere dal fatto che la fattura emessa dalla società di car sharing sia intestata direttamente al dipendente o alla società datrice di lavoro. Il meccanismo di “utilizzo incrociato”, infatti, consente a un datore di lavoro, cliente della società di car sharing, di essere intestatario delle fatture relative alle spese di trasporto sostenute dai propri dipendenti in occasione delle loro trasferte autorizzate. Anche in questo caso, quindi, la spesa rimborsata al lavoratore per l’utilizzo del veicolo sono detraibili per il datore di lavoro e non concorrono alla formazione del reddito del dipendente.

Car sharing uguale al taxi 

Di fatto, infine, la fattura emessa dal car sharing è analoga a quella predisposta per i taxi. Il documento emesso dalle società di car sharing nei confronti del dipendente, infatti, individua il destinatario della prestazione, il percorso effettuato, con indicazione del luogo di partenza e di arrivo, la distanza percorsa, la durata e l’importo dovuto. Un insieme di informazioni idoneo ad attestare l’effettivo spostamento dalla sede di lavoro e l’utilizzo del servizio da parte del dipendente analogamente ai documenti emessi dai conducenti di taxi. In ogni caso, quindi, i rimborsi da car sharing, così come quelli previsti per i taxi, non concorrono quindi a formare il reddito del lavoratore (articolo 51, comma 5, del Tuir).