33° MOTOR SHOW – LA SITUAZIONE E LE PROSPETTIVE DEL MERCATO DELL’AUTO

Conferenza stampa del Centro Studi Promotor

Alla fine del 2007, dopo undici anni consecutivi di vendite sui livelli elevati, si pensava che sarebbe stato possibile avere un dodicesimo anno ancora positivo e ciò grazie ai nuovi incentivi alla rottamazione, che si auspicava fossero più generosi di quelli che poi vennero previsti per il 2008.

Fin dall’inizio di quest’anno ci si è però resi conto che era finito il lungo periodo di prosperità che il mercato dell’auto aveva conosciuto, periodo che, se si osserva la serie storica delle immatricolazioni dal 1950 ad oggi, è stato sostanzialmente anomalo perché sembrava essere venuto meno l’andamento ciclico che da sempre caratterizza il mercato dell’auto.

Con l’inizio del 2008 la tendenza si è dunque invertita ed è iniziata una fase di crescente debolezza della domanda. Le cause che hanno determinato questa situazione sono state sistematicamente analizzate nei nostri commenti mensili sulle immatricolazioni e sulle nostre inchieste congiunturali. Le riepiloghiamo comunque brevemente prima di analizzare le possibili prospettive per il mercato dell’auto dopo la deflagrazione, a metà settembre, della crisi finanziaria ed economica mondiale innescata dal fallimento di Lehman Brothers.

I fattori che hanno portato alla frenata della domanda di auto all’inizio del 2008 sono essenzialmente i seguenti. Innanzitutto si è manifestata una situazione di stanchezza della domanda, dopo che le immatricolazioni erano state mantenute, come si è detto, per ben 11 anni su livelli elevati, ricorrendo per ben tre volte agli incentivi alla rottamazione, stimolando fortemente la sostituzione delle auto ancora alimentate con benzina con piombo attraverso la messa al bando di questo tipo di carburante il 1° gennaio 2002, con una politica di sconti e promozioni molto aggressiva e con massicce e sistematiche iniezioni di “usato con chilometri zero”.

Un secondo fattore che ha contribuito a frenare la domanda è stata la forte crescita del prezzo dei carburanti che ha toccato il 14 luglio i massimi dell’anno a quota 1,532 euro al litro per la benzina e a quota 1,528 euro al litro per il gasolio, con crescite rispetto all’inizio dell’anno rispettivamente dell’11,26% e del 17,99%. Un terzo elemento che ha influito sul rallentamento della domanda è il fallimento degli incentivi alla rottamazione nella versione 2008, fallimento chiaramente evidenziato dai dati diffusi dall’ACI, che hanno messo in luce che nei primi nove mesi del 2008, rispetto allo stesso periodo del 2007, il numero di auto acquistate con incentivi si è ridotto del 21,8%, calo questo ben superiore a quello del mercato complessivamente considerato, che è stato nello stesso periodo dell’11,3%. Le ragioni di questo andamento sono da ricercarsi nel fatto che il bonus statale è stato ridotto in maniera tale che molto spesso il valore sul mercato dell’usato delle auto rottamabili con incentivo è risultato superiore al bonus ed inoltre per il fatto che tra le auto rottamabili è stata introdotta soltanto una quota molto limitata di vetture Euro 2.

Un quarto elemento che ha influito sulla crisi dell’auto è stato il progressivo deterioramento della situazione economica generale. Il sistema italiano è, infatti, entrato in recessione prima che il mondo fosse investito dal ciclone che attualmente lo sta scuotendo. I due canonici trimestri consecutivi con Pil in calo che segnano l’entrata tecnica in recessione sono infatti il secondo ed il terzo di questo 2008. Con il peggioramento della situazione economica si è ulteriormente aggravato il problema dell’insufficiente disponibilità di risorse delle famiglie per far fronte, non solo all’acquisto di beni di consumo durevole, ma anche a quello di beni di consumo non durevole. Le rilevazioni dell’Istat sono particolarmente illuminanti in proposito. Fra il 2007 ed il 2008 le persone che si dichiarano molto o abbastanza soddisfatte della propria situazione economica sono scese dal 51,2% al 43,7%. Per quanto riguarda le famiglie, quelle che giudicano peggiorata la propria situazione economica passano dal 41% del 2007 al 54,5% del 2008, mentre le famiglie che ritengono scarse le proprie risorse economiche passano dal 36,3% del 2007 al 41,3% del 2008.

Al deterioramento del quadro economico si è accompagnata poi, nella prima parte del 2008, la ripresa dell’inflazione e la crescita del costo del denaro che riducono ulteriormente il potere di acquisto delle famiglie per l’aumento dei prezzi e delle rate sui mutui.

Un altro aspetto importante per il mercato dell’auto è l’aumento delle insolvenze nel credito al consumo che ha determinato decisioni più restrittive nella concessione di nuovi finanziamenti. In particolare, secondo i dati Assofin, nei primi nove mesi dell’anno il numero di finanziamenti di auto nuove è calato del 12,9%. Questo aspetto è di particolare rilevanza in quanto il credito al consumo è determinante per il mercato dell’auto: il 67% degli acquisti avviene, infatti, con pagamenti rateali.

L’insieme di questi fattori a fine agosto ha portato il bilancio delle immatricolazioni in rosso del 12,04% rispetto ai primi otto mesi del 2007. Ma per valutare la reale entità delle difficoltà del settore occorre considerare che il 2007 è stato l’anno record per il mercato italiano e quindi il confronto con il 2007 non è particolarmente indicativo della reale gravità della crisi dell’auto. Se, più correttamente, si confrontano le immatricolazioni dei primi otto mesi del 2008 con quelle di un anno “normale” come il 2006 emerge un calo contenuto nel 5,09%.

Alla vigilia del grande sconvolgimento del quadro finanziario ed economico mondiale di metà settembre il mercato italiano stava dunque vivendo una crisi caratterizzata da un calo non drammatico delle vendite, anche se, al netto dell’effetto cosmetico dei chilometri zero, il quadro era un po’ più preoccupante di quanto apparisse dai dati ufficiali sulle immatricolazioni. La situazione comunque non era, come si è detto, drammatica, ma tale diventa con l’esplodere della crisi mondiale che potrebbe portare ad un calo verticale anche delle vendite di autovetture.

L’attuale situazione dell’economia e della finanza mondiale è sotto gli occhi di tutti e assolutamente al centro dell’attenzione. Non è quindi il caso di analizzarla in dettaglio in questa sede. Ci limiteremo ad alcune considerazioni che possono servire per avanzare qualche suggerimento su come gestire la crisi dell’auto, che, naturalmente, è parte di una crisi generale e va quindi affrontata, innanzitutto con misure di carattere generale, ma anche con provvedimenti specifici.

Una prima considerazione riguarda le analogie e le differenze con la crisi del ’29, che viene sempre più spesso evocata e, non di rado, per affermare che i pericoli attuali rischierebbero di essere ancora più gravi di quelli che sconvolsero il mondo quasi ottanta anni fa. La crisi del ’29 fu determinata da uno squilibrio nella distribuzione del reddito derivante dai grandi incrementi di produttività conseguiti negli anni ‘20 per effetto soprattutto dei mutamenti introdotti nell’organizzazione del lavoro (introduzione della catena di montaggio innanzitutto, ma non solo) e dell’innovazione tecnologica a danno soprattutto dei salari, il cui potere d’acquisto ad un certo punto si rivelò insufficiente a sostenere lo sviluppo dei mercati della produzione di massa.

Un fenomeno analogo si è verificato anche nel periodo che ha preceduto la crisi attuale in cui le risorse derivanti dagli incrementi di produttività dovuti alla globalizzazione (liberalizzazione dei movimenti dei capitali, delle merci e delle persone), alle privatizzazioni e alla rivoluzione dell’Information and Communication Technology sono andati a vantaggio soprattutto delle rendite finanziarie e, in misura minore, dei profitti e, in misura ancora minore, dei salari.

In carenza di un insufficiente sviluppo del reddito delle famiglie i mercati dell’economia reale hanno però continuato a svilupparsi perché sostenuti dalla massiccia concessione dei mutui e credito al consumo. Questo meccanismo entra ora in crisi ed è ormai opinione condivisa che per uscire dall’emergenza è necessario incrementare nel più breve termine possibile le risorse a disposizione delle famiglie, cioè incrementare la consistenza e il potere di acquisto di salari e pensioni, dato che la maggior parte dei consumatori sono percettori di salari e di pensioni. Occorre, per dirla con uno slogan, “mettere più soldi nelle buste paga”.

Nel 2004, in una situazione di debolezza dei consumi molto meno grave di quella che si profila oggi, l’economista e finanziere Guido Roberto Vitale propose che le imprese incrementassero subito le retribuzioni di 100 euro mensili senza aggravi contributivi e fiscali. L’onere per lo Stato sarebbe stato nullo, mentre la maggior parte delle imprese sarebbe stata in grado di far fronte alla maggior spesa avendo beneficiato di un lungo periodo di incrementi di produttività superiori agli incrementi delle retribuzioni. La proposta cadde nel vuoto ed oggi non appare riproponibile, dato che anche le imprese sono investite dalle grandi difficoltà dell’economia.

Nel nostro Paese tuttavia una quota molto rilevante dei bilanci famigliari è assorbita dal costo di utilities (telefono, acqua, gas, luce, ecc) che hanno le tariffe più alte d’Europa (tariffe più volte censurate dall’Autorità Antitrust) e ciò per effetto anche di liberalizzazioni le cui conseguenze sono state vanificate da politiche tariffarie che hanno tolto trasparenza all’offerta, consentendo la formazione di sovraprofitti e di posizioni di rendita, che, nell’attuale situazione, non sono più tollerabili.

Occorre dunque un intervento immediato e decisivo sulle tariffe. La Robin Tax del Ministro Tremonti va in questa direzione, ma finora ha puntato a recuperare risorse per interventi a favore delle fasce di consumatori più deboli. L’attenzione agli aspetti sociali è altamente apprezzabile, ma l’impatto sull’economia rischia di essere modesto e comunque insufficiente. Occorre dunque tagliare con decisione le tariffe delle utilities a vantaggio di tutti i consumatori e ciò equivale da subito ad incrementare le risorse delle famiglie. Ma non si può pensare che una manovra di questo tipo possa bastare. Non è, infatti, concepibile che dalla crisi attuale si possa uscire senza che la politica fiscale assuma in maniera chiara e decisa una funzione anticongiunturale. Certo per il nostro Paese vi è il problema del debito pubblico e vi sono i vincoli imposti dall’appartenenza all’Europa. L’Inghilterra impiegò un secolo per coprire il debito pubblico derivante dalle guerre napoleoniche. Ma i tempi dell’economia erano diversi. Oggi non possiamo più pensare di vivere tutta la nostra vita con la spada di Damocle di un debito pubblico che strozza le prospettive di sviluppo del nostro Paese. Anche se i tempi non sono favorevoli occorre dunque un nuovo approccio al problema del debito pubblico, che non si può più pensare possa ridursi, com’è avvenuto finora, soprattutto grazie all’avanzo primario e al calo dei tassi di interesse. Occorre dunque spingere a fondo sull’alienazione del patrimonio pubblico, su vere liberalizzazioni, su grandi risparmi nella pubblica amministrazione, sulla riforma dei meccanismi di spesa. E in vista di una riduzione consistente del debito pubblico occorre destinare da subito risorse per usare la fiscalità in chiave anticongiunturale, con misure veramente incisive e di efficacia immediata.

Qualcuno ha parlato di una valanga che incombe sul nostro futuro prossimo. E’ una sensazione diffusa ed è alla base della crisi di fiducia che emerge con chiarezza da tutti gli indicatori. E’ una crisi, quest’ultima, che va superata al più presto e che oggi può essere curata soltanto da provvedimenti governativi dato che, dopo anni ed anni di esaltazione del potere salvifico del libero mercato, che si autoregolamenta e garantisce sicure prospettive di sviluppo, ci si è dovuti rendere conto che gli Stati sono oggi l’unico baluardo che può fermare la valanga.

Venendo alle questioni più specifiche dell’auto, si parla oggi di due tipi di interventi che non vanno confusi tra loro: gli aiuti all’industria ed il sostegno al mercato. Gli aiuti all’industria servono ad evitare il fallimento di case automobilistiche, essenzialmente attraverso l’erogazione di risorse finanziarie. Se emergesse l’esigenza di interventi di salvataggio è evidente che occorrerebbe farli. L’errore di aver lasciato fallire Lehman Brothers dovrebbe insegnare. Oggi il problema riguarda l’industria dell’auto americana. E’ auspicabile che si adottino i provvedimenti necessari. In Europa il problema è meno attuale, anche se è evidente che, se un intervento dovesse esservi in America e modificasse la situazione della concorrenza, provvedimenti analoghi dovrebbero essere adottati anche in Europa. Nella situazione attuale un limite dell’aiuto all’industria è, però, il fatto che al di là del vantaggio immediato dell’eventuale salvataggio dell’industria interessata, effetti significativi sull’intera economia potrebbero aversi soltanto nel medio termine. Gli aiuti al mercato, cioè il sostegno alla domanda, hanno invece un impatto immediato sull’intero comparto e sull’economia e, se correttamente formulati, non creano squilibri concorrenziali.

In particolare per quanto riguarda il nostro Paese un aiuto al mercato potrebbe venire innanzitutto tagliando i sovraprofitti e le posizioni di rendita che esistono anche nel settore dell’auto. In particolare occorre intervenire sulle tariffe assicurative. Per quanto riguarda l’assicurazione RC auto, dopo la liberalizzazione del 1994, si è assistito nel nostro Paese ad una crescita esponenziale dei premi con una proliferazione delle tariffe che ha tolto trasparenza al mercato e con la sparizione della tariffa con franchigia che sicuramente consentiva risparmi agli assicurati. La situazione non permette più che a fronte dell’obbligo di assicurarsi vi sia una completa libertà nella fissazione delle tariffe, anche perché i fatti hanno dimostrato che la concorrenza, anche nel caso delle assicurazioni, è imperfetta e dunque anche in questo settore gli extraprofitti vanno tagliati o quantomeno si dovrebbe introdurre l’obbligo per tutte le compagnie di offrire anche una polizza con franchigia con clausole uguali per tutte le compagnie e tariffa libera. E, sempre in tema di assicurazione auto, anche nell’incendio e furto vi è una situazione a cui si deve porre rimedio e che deriva dal fatto che vi è una grande sproporzione tra entità dei premi e numero di auto rubate, cioè tra il premio e il rischio coperto.

I risparmi sull’assicurazione auto e quelli sui carburanti possono certo dare un contributo ai bilanci famigliari, ma non sono sufficienti per sostenere in maniera significativa la domanda di auto. Un contributo decisivo in questa direzione può venire invece dal collaudato sistema degli incentivi alla rottamazione. La lezione del 2008 deve però insegnare. Se il bonus statale fosse troppo basso si tradurrebbe in un contributo a chi ha già deciso di cambiare auto ed equivarrebbe quindi ad un impiego di risorse pubbliche senza nessun impatto sul mercato e quindi ad uno spreco.

Un altro intervento efficace potrebbe essere la riduzione per l’acquisto di auto dell’aliquota Iva al 15% o in alternativa la possibilità offerta ai privati di dedurre una quota dell’Iva dalle imposte in sede di dichiarazione annuale. Occorre poi considerare che, come si è detto, il 67% delle automobili viene acquistato ricorrendo al credito. Probabilmente si tratta di una quota eccezionalmente alta ed è indubbio che alla base della crisi attuale vi è il fatto di avere sostenuto il mercato con il credito più che favorendo la crescita delle disponibilità delle famiglie, ma se il credito al consumo è stato, entro certi limiti, una droga non si può pensare di ridurlo in un momento in cui la domanda rischia di implodere e dunque sono necessarie misure di sostegno, sia pur temporanee, del credito al consumo. Un apporto verrà anche dall’ulteriore diminuzione dei tassi che si avrà se la BCE terrà fede ai propositi enunciati. Ma occorre favorire anche la concessione del credito riducendo il rischio a carico delle società che lo erogano. Un obiettivo di questo tipo può essere ottenuto creando, ad esempio, un fondo di garanzia o eliminando le imposte che attualmente rendono troppo oneroso il credito assistito da ipoteca sull’auto.

Un pacchetto di provvedimenti che preveda un intervento sulle tariffe assicurative e sui prezzi dei carburanti, sostenga il credito al consumo e preveda nuovi significativi incentivi alla rottamazione, una riduzione temporanea dell’aliquota Iva sull’auto, in aggiunta a norme generali di sostegno dei consumi, potrebbe scongiurare una crisi drammatica per il settore automobilistico, che in Italia ha un’incidenza sul prodotto interno lordo del 14%. In assenza di provvedimenti le immatricolazioni nel 2009 potrebbero crollare a 1.850.000 unità e potrebbero poi ulteriormente calare e permanere su livelli molto bassi per diversi anni.

Se si osserva la serie storica delle vendite emerge infatti che il crollo delle immatricolazioni determinato dal primo shock petrolifero nel 1973-‘74 venne completamente recuperato solo dopo otto anni, mentre dalla grande crisi del 1993 si uscì dopo quattro anni e solo grazie ad un programma molto incisivo di incentivi alla rottamazione.

I provvedimenti fin qui adottati dal Governo puntano soprattutto a sostenere i ceti sociali più deboli. Si tratta di un’azione assolutamente prioritaria sul piano sociale, ma, come si è già detto, con scarso impatto sull’economia. Anche il blocco di alcune tariffe ha scarso significato nel momento in cui il pericolo che si profila è quello della deflazione, come emerge anche dal calo congiunturale dell’indice dei prezzi al consumo dello 0,4% registrato in novembre.

Sulle tariffe occorre dunque più coraggio andando ad incidere in profondità su sovraprofitti e posizioni di rendita determinate dall’imperfetto funzionamento della concorrenza e ciò con lo scopo di incrementare la capacità di spesa della maggior parte dei consumatori. E occorre poi adottare senza indugio provvedimenti specifici di rilancio della domanda nei settori strategici per l’economia e tra questi in primis in quello dell’auto adottando un programma integrato di misure di impatto immediato. In particolare per scongiurare il crollo delle vendite che si preannuncia per il 2009 e per creare le condizioni per raggiungere nel prossimo anno un volume di immatricolazioni di 2.050.000 unità e la prospettiva di una graduale ripresa negli anni successivi, il pacchetto di misure dovrebbe comprendere:

1. Nuovi incentivi alla rottamazione che prevedano un bonus di almeno 2.000 euro per chi acquista una nuova auto e rottama una Euro 0, Euro 1 o Euro 2. Ipotizzando che questa possibilità venga utilizzata per l’acquisto, nel 2009, di 500.000 vetture nuove l’onere per l’Erario sarebbe di 1.000 milioni di euro.

2. Riduzione dell’aliquota Iva sull’acquisto di auto dal 20% al 15%. Ipotizzando, nel 2009, un volume di immatricolazioni di 2.050.000 unità l’onere per l’Erario sarebbe 1.537 milioni.

3. Misure di sostegno al credito al consumo eliminando le imposte sulle ipoteche sulle auto e creando un fondo di garanzia per coprire i rischi di insolvenza analogo al Confidi (mutatis mutandis).

4. Imporre l’obbligo per le compagnie di assicurazione di offrire una polizza tipo con franchigia.

Il complesso di queste misure dovrebbe comportare un onere per lo Stato di 2,5 miliardi da cui occorre però detrarre il gettito Iva e di altre imposte derivante dalle vetture vendute in più. L’impatto sul settore e sull’economia sarebbe molto significativo e la spesa sarebbe pienamente giustificata dall’eccezionalità della situazione che il Paese ed il mondo stanno vivendo e che ha gia indotto a rivedere molte posizioni in materia di interventi degli Stati nell’economia, soprattutto in momenti gravissimi come quelli che stiamo vivendo, momenti che vanno affrontati con ottimismo e soprattutto con coraggio da parte di tutti ed in particolare da parte dei Governi.

Vorremmo ricordare in chiusura che la crisi del ’29 subì un drastico peggioramento quando il presidente degli Stati Uniti, Herbert Hoover, decise di rifiutare sussidi federali ai disoccupati e di difendere ad oltranza la politica del pareggio di bilancio.

Gian Primo QUAGLIANO
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Allegati:

Slides Conferenza Stampa 2.12.08